Quando l’empatia si perde nei commenti: il caso di cronaca e il tribunale dei social
- Luisa Pesarin

- 9 giu
- Tempo di lettura: 1 min

Viviamo immersi nell'informazione. Ma più che informarci, spesso veniamo travolti dal rumore. L’ultima tragedia di cronaca — una madre che ha compiuto un gesto estremo nei confronti del proprio figlio — è diventata subito “il caso del giorno”. Ma oltre le testate giornalistiche, è nei social che si è scatenata la vera tempesta.
I commenti? Duri. Violenti. Spesso crudeli. In pochi minuti, chi leggeva l’articolo è diventato giudice, giuria, carnefice.
«Una pazza.» «Non ci sono scuse.» «In galera a vita.»
Eppure dietro ogni gesto di disperazione c’è una storia sommersa. Ci sono segnali ignorati, crolli silenziosi, vite marginalizzate che diventano bombe a orologeria.
Non sto giustificando. Sto chiedendo profondità, compassione, analisi.
Perché mentre parliamo di benessere mentale e inclusione, lasciamo ancora sole le persone in difficoltà. Se non impariamo a leggere tra le righe delle vite spezzate, continueremo a condannare senza ascoltare.
E intanto, i drammi si ripeteranno. Con lo stesso dolore. Con la stessa indifferenza.
👉 Il cambiamento comincia nel modo in cui reagiamo. Anche nei commenti.
🖋 Mercedes Bardhi







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