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Il primo volo

  • Immagine del redattore: Luisa Pesarin
    Luisa Pesarin
  • 22 giu
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 5 lug

Quando arriva il momento di spiccare il volo, da sola.

Avevo ventun anni quando ho deciso che era il momento di volare da sola...


Avevo ventun anni quando ho deciso che era il momento di volare da sola. Non è stato un gesto impulsivo, ma neanche troppo calcolato. Era un richiamo dentro — forte, insistente —una voce che mi diceva: “Adesso tocca a te.”

 

 

Così ho fatto le valigie, e ho lasciato la mia città. Una città piccola, gentile, che mi aveva cresciuta… ma che cominciava a starmi troppo stretta. Avevo bisogno di aria nuova, di spazio per diventare chi ero davvero, non solo la figlia di, la sorella di, la studentessa modello.

Mi sono trasferita nella capitale, la città dove giorno e notte si confondono, dove c’è sempre qualcuno sveglio, qualcuno che corre, sogna, sbaglia, si rialza. Una città viva, enorme, rumorosa, stancante… ma affascinante come un amore che non sai spiegare.

Ero al termine dei miei studi in architettura, mi mancava solo il master. Il più difficile, sì. Ma anche quello che sentivo più mio. Non vedevo l’ora di lavorare davvero, di mettere le mani sulla materia, di costruire, progettare, inventare. La scuola mi aveva dato tanto, ma io volevo sentire il battito del mondo reale sotto le dita.

Quando sono arrivata lì — tra i palazzi alti, le strade piene, le luci sempre accese —mi sono sentita per la prima volta libera. Non c’erano limiti. Non c’erano troppe spiegazioni da dare. Solo scelte da fare, sogni da rincorrere, e una vita da vivere.

I miei genitori, anche se io ero già maggiorenne, restavano sempre presenti. Troppo, forse. Se tornavo tardi, erano preoccupati. Mi chiedevano dei miei amici, delle mie frequentazioni, volevano sapere tutto — ogni dettaglio, ogni volto nuovo. Da un lato, li capivo. Il loro amore era così grande da sembrare controllo. Da un altro lato, però, sentivo che non mi lasciava spazio per respirare tutta la mia verità. E io avevo un bisogno disperato di autonomia, di scelta, di silenzio mio.

Quella città non era solo un luogo. Era la mia prima vera possibilità.



➡️ Nella prossima puntata: I volti nascosti della città – Quando il sogno si scontra con la realtà.

 
 
 

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Mercedes

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