Una piccola confessione

Cara redazione di "Mille Battiti",

vi scrivo perché sento il bisogno di mettere nero su bianco quello che ho vissuto.

Forse la mia storia potrà servire a qualcun’altra che, come me, non si accorge subito di essere dentro una gabbia.

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Quando ho conosciuto Luca, ho pensato di aver trovato un porto sicuro. Mi diceva che ero speciale, che con me era diverso. All’inizio i suoi commenti sulla mia famiglia e sui miei amici mi sembravano quasi una prova d’amore: “Non ti capiscono… solo io vedo chi sei davvero.”

Mi sembrava che mi difendesse. Non mi accorgevo che, pian piano, stava costruendo un muro attorno a me.

Ho iniziato a vedere sempre meno le persone che facevano parte della mia vita. Ogni volta che provavo a uscire con un’amica, lui si offendeva, trovava il modo di farmi sentire in colpa. Alla fine era più facile rinunciare. Così mi sono ritrovata sola, senza punti di riferimento, con la sua voce come unica bussola.

Il giorno in cui ho realizzato di non avere più nessuno da chiamare se stavo male, ho capito che qualcosa non andava. Non è stato facile: mi vergognavo, mi sentivo debole. Ma piano piano, con coraggio e qualche piccolo passo, ho ricominciato a riallacciare i contatti. Una telefonata, un messaggio, un caffè. Non tutti hanno risposto, ma chi lo ha fatto mi ha riaperto la porta senza giudicarmi.

Oggi non posso dire di essere del tutto fuori da quella trappola, ma so che non voglio più lasciarmi isolare. Ho imparato che l’amore non taglia i ponti, li costruisce.

Scrivo questa email per ricordarmi ogni giorno che ho diritto a respirare, a essere me stessa, e a non restare sola. Se anche solo una persona leggendo queste righe riconosce la sua stessa gabbia, allora la mia voce non sarà stata vana.

Con affetto,

Sara